Alessandro Leon (Presidente Vcr): «Guardiamo con attenzione allo sviluppo di questo comparto». La messa a punto di varietà e cloni con le giuste caratteristiche di aromaticità, acidità e tenore salino, abbinati a un naturale basso grado zuccherino, potrebbe aiutare il settore a evitare i pregiudizi legati ai pesanti interventi necessari in cantina per la loro produzione
«Il caffè decaffeinato si chiama ancora caffè».
«Il latte delattosato rimane latte».
«Pane e pasta gluten free non cambiano il loro nome».
«Allora perché mai il vino dealcolato non dovrebbe essere chiamato vino?»
All’ultimo Vinitaly (leggi l’articolo «Invece degli espianti incentivare qualità e sostenibilità») i vertici istituzionali del Belpaese hanno ribadito la loro avversione per la svolta salutista dei vini no e low alcohol impressa da Bruxelles, ma il paradosso messo in luce da Martin Foradori, titolare della storica cantina J. Hofstätter di Termeno (Bz), incrina le certezze del fronte anti dealcolati.
Le degustazioni al Vinitaly
Foradori li produce (fuori Italia) dal 2019. Nella gamma di cantina J. Hofstätter, nell’ambito della linea Steinbock, ci sono infatti due versioni dealcolate a base di Riesling renano: la bollicina Steinbock Zero Sparkling e il fermo Steinbock Zero.
Referenze tra le più apprezzate nel corso della degustazione seguita al convegno “Dealcolati & Co – Le nuove frontiere del vino”, organizzato da Uiv – Unione italiana vini assieme a Vinitaly lo scorso martedì 16 aprile presso il centro congressi Arena di Veronafiere.
VCR Vivai Cooperativi Rauscedo segue con attenzione l’evoluzione di un comparto che può rappresentare un’importante alternativa in un momento in cui l’export del nostro vino sembra segnare il passo in mercati strategici come gli Usa.
Alessandro Leon, presidente di VCR, assieme ai vicepresidenti Enrico D’Andrea e Mauro Cesarini e alcuni membri del consiglio di amministrazione hanno incontrato i vertici della cantina altoatesina durante la rassegna veronese e Silvio Ariani, responsabile vendite Italia di J. Hofstätter ha guidato la degustazione delle due referenze no alcohol.
Dealcolati da resistenti, doppio vantaggio
«Il nostro è un approccio “laico” – spiega Leon – perché riteniamo che la questione dealcolati vada affrontata senza pregiudizi». Nelle degustazioni non bisogna quindi pretendere di metterli a confronto con i corrispettivi vini tradizionali.
«Al naso – riferisce Leon – si avverte la mancanza della spinta dell’alcol, mentre in bocca, nella versione spumantizzata, è emerso il delicato aroma tipico del vitigno, con note di mela, agrumi e lievito». «Un effetto tutto sommato piacevole e rinfrescante».
La tecnologia di estrazione dell’alcol adottata da J. Hofstätter è infatti poco pervasiva: il vino non viene destrutturato e l’alcol viene estratto abbassando la pressione atmosferica per abbassarne il punto di ebollizione. «Questa tecnica di vinificazione – riflette Leon – si presta in particolare per i vitigni aromatici». «Può risultare quindi interessante per i nostri vitigni resistenti, con il doppio vantaggio di abbinare la riduzione dell’alcol a quella dei trattamenti fitosanitari».
Nuovi parametri da valutare nella selezione clonale
«Storicamente nella selezione clonale – commenta Yuri Zambon, direttore tecnico commerciale di VCR – vengono favorite le accessioni in grado di accumulare il maggiore grado zuccherino, ma il successo dei vini dealcolati spinge a un cambiamento di prospettiva».
Per sopperire alla mancanza di alcol il vino deve essere caratterizzato da una buona struttura, quindi occorre partire da vitigni che oltre all’elevata aromaticità, siano caratterizzati da buone acidità e contenuto in sali minerali. «Nello sviluppo di eventuali varietà e cloni adatti alla dealcolazione occorre quindi favorire queste caratteristiche e mirare anche a un minore grado brix».
Anche se le tecniche a disposizione degli enologi (osmosi inversa e distillazione frazionata) consentono di arrivare a zero partendo da qualsiasi grado alcolico, la loro applicazione può risultare alla lunga uno dei punti deboli per lo sviluppo di questa categoria di prodotti che, come spesso capita, finirebbero per essere accusati di essere troppo “industriali”.
La messa a punto di cloni e vitigni specifici per i dealcolati, naturalmente dotati di un basso grado zuccherino, potrebbe aiutare a prevenire questo inconveniente.
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Vini dealcolati: un’opportunità da regolamentare – Corriere del Vino
Benvenuti nel mondo dei vini dealcolati: un italiano su tre vuole provarli – la Repubblica